La Torre del Vomano: perchè ricostruirla?

PERCHE’ RICOSTRUIRLA ?

Nelle considerazioni finali del libro “Pineto, percorso storico e naturalistico “ vengono individuati sei siti da recuperare e da valorizzare per rendere ancora più definito ed intrigante il perimetro estetico del nostro territorio. Tra questi,   “ l’idea più suggestiva è quella di ricostruire la Torre Vecchia del Vomano, a Scerne di Pineto, destinandola a punto di informazione turistica nel periodo estivo e ad osservatorio della foce del fiume durane l’intero periodo dell’anno . Avremmo due torri sul litorale pinetese, una a sud, a Cerrano, l’altra a Nord sul Vomano , ricostituendo la linea storica di controllo del litorale del periodo medioevale, combattendo non più i pirati o Saraceni ma l’azione indiscriminata dell’uomo, quella deviata e irrispettosa della natura. “ .

Torre del Vomano. La storia della Torre del Vomano è quella di una torre che non c’è più, come quella del Tordino e di Salina Maggiore per restare nel vicinato; ma è quella che nasconde una doppia vita, in quanto il tratto di costa adiacente la foce del fiume Vomano fu interessata, nel XVI secolo , dal processo di fortificazione e di difesa di tutto il litorale messo in atto dagli Aragonesi con la costruzione di due torri , Torre Vecchia e Torre Nuova.

Tali strutture venivano solitamente costruite a presidio dei fiumi o degli insediamenti portuali. Nel censimento realizzato dal Governatore Carlo Gambacorta nel 1598, su indicazioni del Vicerè, si riportano le visioni prospettiche dei luoghi ove sorgevano le torri censite. La Torre de Umano viene riportata sulla sinistra del fiume ed appare circondata da alberi sparsi con colline circostanti; dietro la Torre un edificio fortificato riconducibile a Villa Patrizi ( ?!) . Il Cartaro riporta una Torre Vecchia sulla riva destra del fiume , in località dove ancora oggi esiste Case Vecchioni e la località Vomano Vecchio ; ed una Torre Nuova sulla sinistra, come il Gambacorta che la indica in Torre de Umano . Il manoscritto di Carlo Gambacorta riproduce il censimento delle torri effettuato nel 1598 ed è conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.

E’ composto da 48 fogli numerati ed i primi tre fogli compongono le lettere indirizzate al conte di Olivares ed al reggente Ferrante Fornaro ed alcune note metodologiche per il censimento ed osservazioni sui problemi connessi all’avvistamento. Le torri                   d’ Abruzzo sono descritte dal foglio 30 al foglio 45 mentre al foglio 38 sono aggiunti due fogli non numerati e tutti e tre sono dedicati alla fortezza di Pescara ed agli ammodernamenti proposti. Ogni foglio scheda contiene alla sinistra in alto una prospettiva dei luoghi ; sempre alla sinistra ma in basso una sezione parallela al mare e la relativa pianta . Sulla destra sono indicati il posizionamento, il contatto visivo con le torri finitime, lo stato di consistenza e gli eventuali inconvenienti e suggerimenti . Seguono, infine, la nota degli accomodi urgenti ed il costo presunto degli stessi.

Dalla schede relative al censimento di Carlo Gambacorta , Governatore del’ Abruzzo e della Capitanata alla fine del Cinquecento e Marchese di Celenza Valfortore , si desume che la Torre del Vomano sia stata costruita nel 1568 con i lavori eseguiti da Salazar e che fosse di notevoli dimensioni considerata l’altezza di canne 7 , come risulta dall’aggiudicazione d’asta ( Vasto ).

Così come risulterebbe distrutta dalle acque nel 1578 a seguito di inondazione con successiva denunzia a carico dei costruttori Tavoldino . La cartografia riporta, pertanto, sia la Torre Vecchia, andata distrutta dopo soli dieci anni dalla costruzione sulla riva destra del Vomano, che la Torre Nuova ricostruita sulla riva sinistra del fiume indicata dal Gambacorta di canne 6 . La Torre del Vomano è indicata, in definitiva, dal censimento del 1598 e dalla cartografia come Torre Nuova se si accetta la prospettiva di Carlo Gambacorta che la colloca sulla riva sinistra del fiume. Nonostante sia stata in buone condizioni fino al 1842, utilizzata dalla Amministrazione Generale , non ha lasciato traccia né ruderi . La prospettiva di Carlo Gambacorta indica dietro la Torre, parallela al fiume , una casa fortificata da individuare. Non si esclude, dunque, che fortunati ricercatori riescano ad individuare il posizionamento della torre che si presume sia stata ricostruita su questa riva, sul lato di Roseto per intenderci, dopo la distruzione del 1578.

area dove insisteva  la Torre Vecchia del Vomano

Descrizione 1598 : Questa undicesima Torre detta di Humano in territorio di Montepagano quadrata sta distante dalla retta Torre di Cerrano verso Puglia miglia cinque e verso Abruzzo dalla Torre di Tordino miglia cinque . E’ ben collocata di buona fabrica che guarda il fiume Humano benissimo et una fontana. Ha corrispondenza con la retta Torre di Cerrano Puglia , e verso Abruzzo con la Torre di Tordino e vede la Torre di Salinello e di Librata. V’è uno smeriglio di bronzo, un pezzone di ferro e quattro arcabuggi del Caporale e v’è necessario un masco per dar segno. E’ necessario accomodare il cavalletto al pezzo di bronzo, acconciare lastraco e la garitta che ci vorrà la spesa di ducati otto circa .

La Torre Vecchia era posizionata a Scerne di Pineto , sul lato destro della  foce del Vomano

Epoca :

1568 : aggiudicata la costruzione da Salazar a Vasto ( dimensioni notevoli di canne 7 )

1578 : distrutta dalle acque. Incriminati i costruttori Tavoldino . Relazione critica dei Tortelli.

1585 : Torriero caporale de Nogueras Michele e Gio de Angatiglia di Monte Pagano.

1598 : Torriero caporale Pietri di Castro

1601 : Torriero caporale Melendes Giovanni

1761 : Torriero caporale di Domenicantonio Ambrogio

1777: custodita dagli invalidi

1842: per uso Amministrazione Generale

1955: nessuna traccia

1976: traccia storica ( Vittorio Faglia )

Presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, nella sezione manoscritti, sono conservate buste numerate contenenti una serie di disegni senza autore né data, verosimilmente della prima metà dell’ Ottocento quando furono realizzati censimenti parziali del patrimonio di difesa costiera. Per la Torre di Umano si ha una pianta del primo piano e del terrazzo, un prospetto della Torre alla destra della Torre di Cerrano e di un terreno di pertinenza della Torre. Il disegno del terrazzo sembrerebbe inesatto : la piazza dovrebbe avere superficie maggiore di quella del primo piano, a causa della controscarpa delle caditoie. Della Torre Vecchia si ha, invece, soltanto, una traccia sulla cartografia del Cartaro e del Magini, chiaramente distinta dalla vicina torre sud di Cerrano, se si assimila la segnalata Torre Nuova con la Torre Vomano

Cartografia de il Cartaro
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Il porto antico di Hatria alla foce del Vomano

L’area che si estende alla foce del Vomano,   sul lato  di Scerne di Pineto,  conserva probabilmente  nel suo sottosuolo  una delle testimonianze archeologiche più importanti della antica città di Hatria, le vestigia dell’antico porto   .  L’esatta  individuazione del porto romano  ha affascinato storici antichi e moderni ,  alcuni di essi  orientati a collocarlo    alla foce del torrente  Cerrano,  sulla base di alcune considerazioni filologiche ed etimologiche sul toponimo Cerrano  nonchè sulla base dei ritrovamenti  di reperti  nella zona  antistante la Torre di Cerrano nel 1982 ;  altri invece propensi a  collocarlo alla foce del fiume Vomano .  Strabone d’Amasea, geografo di età augustea ,  nella sezione dell’opera Geografia  dedicata al ” Piceno e la parte interna della penisola  ”  parla del “torrente Matrino che scorre dalla città degli Atriani , con un imbarcadero ( porto ) sull’Adriatico che ha preso il nome ( eponimo ) proprio da esso ( Matrino )  “. Strabone ci parla quindi  di un porto alle foci di un fiume chiamato Matrinus, che scorreva direttamente da Hatria .  Il Sorricchio, con una diversa traduzione letterale del testo , identifica il Matrinus o con il fiume Vomano o addirittura con il Piomba, mentre il Prof. Zanni Ulisse  lo   individua nel  torrente Cerrano elaborando una  tesi suggestiva e pretenziosa  .  Sosteneva  l’ipotesi etimologica di Ceres come teonimo del Cerrano , i due nomi Cerrano e Matrino in fondo  non sono lontani, poichè Ceres era la  Grande Madre, Demeter, Dea Mater, perciò  Matrinus . Una dea titolare di cereali , grano , frumento , vasi , porti , fiumi  adibiti al trasporto di ogni tipo di raccolto e di produzione della terra. Il Brizio parla addirittura  della scoperta di un tempio romano , il tempio della Dea Ceres eretto alla sorgente del torrente presso  le fonti  antiche atriane : Cereris Fanum ( tempio ) .  Trattasi di ipotesi suggestiva ma forzata secondo la maggior parte degli storici moderni . La tesi del Sorricchio,invece, che vuole a tutti i costi il porto di Hatria nel castellum ( Torrione ) di Scerne, si fonderebbe solo su resti  di “anfore  ” di  figulina  coll’impressione nei manici della grezza parola ANTAYIOK e  di alcuni mattoni recanti la legenda HAT in bollo rettangolare.

 

Spiegata l’origine del toponimo Cerrano , adottato il geografo augusteo Strabone,  accantonata l’ipotesi della presenza di più porti  per una città di dimensioni contenute, resta quindi da chiarire  l’origine della vexata quaestio  tra gli storici  sulla ubicazione del porto di Atri. Il rebus comincia   quando venne pubblicato l’undicesimo foglio , ora conservato  nella Biblioteca di Vienna, della  Tabula Peutingeriana , carta geografica del  III   secolo . La Tabula colloca il Macrinus sul mare di Atri, riportata erronemanete come Macrinus forse per un refuso del copista o per giustificare i periodi di magra del torrente. Alcuni lo identificano con il Vomano ( Silio  Italico, Delfico, Palma, Sorricchio, Barberini ); altri con il Piomba (  Romanelli , Speranza, Weiss, Nissen ) ; altri infine con il Saline ( Mammsen , De Ruggiero, Barnabei , Alfieri ) .  La diversa entità dei  reperti ritrovati nei due diversi siti , alla foce del Vomano e davanti la Torre di Cerrano, potrebbe far propendere per la definitiva accettazione della testimonianza storica delle fonti letterarie  dello  Strabone, ad oggi avvalorate dai rinvenimenti archeologici  realizzati a Cerrano .  Qualcuno,però,  ha continuato ad esternare scettiscismo circa la datazione di tali ritrovamenti all’epoca romana, ricollocandoli semplicemente al XIV secolo , quando appaiono i primi documenti  ed  esplicite menzioni sulla presenza di un porto ubicato in Penna Cerrani . Le fonti medioevali e le menzioni del Chronicon Farfense  parlano di un antico approdo  alla foce del   Vomano che il Palma identifica con quello di Hatria, sito sulla sponda destra “in Vomano Vecchio in contrada delle Scerne “, cioè di  suolo oggi  rincalzato  da alluvioni .  Il toponimo Vomano Vecchio compare in una carta geografica del 1858, nella pianura adiacente verso sud si legge “Le antiche scerne ” .

 

A prescindere dall’ubicazione il porto Matrinus  era il polo marittimo delle due strade romane Salaria Cecilia e Valeria Claudia  per l’Adriatico .  L’attività marinara della città è ampiamente documentata  anche da fonti indirette, quale l’esportazione di  prodotti locali ed i simboli marini presenti nella monetazione della zecca locale, come la conchiglia, l’ancora , la raggia, il delfino . Il porto ebbe in età romana grande importanza per l’economia locale, ma decadde alla fine dell’impero e solo nel Medio Evo i Papi Innocenzo IV e Alessandro IV fecero ricostruire  un porto per Hatria divenuta sede vescovile nel 1251.  Lo studio della viablità antica riproduce,tralaltro ,   un diverticolo antico   per Atri  segnalato nella Tabula Peutingeriana, con una deviazione del tracciato litoraneso subito a sud del Vomano in corrispondenza del porto antico esistente  alla foce del fiume , riferibile alla città di Hatria come sembrerebe desumersi dalla sua persistenza di  uso sino all’alto medioevo  sotto dominio cassinese ( cella S.Mariae ad Maurinum cum portu ed foce de Gomano )  .

 

L’esatto  riconoscimento del sito dell’antico approdo   appare anzitutto ubicabile  non in corrispondenza della riva meridionale dell’attuale alveo ma di quella  di un ramo  antico del corso d’acqua ubicato circa 600 metri a sud della foce attuale ed 800 circa da quella antica .

Proprio in corrispondenza del versante  meridionale di questo ramo oggi sepolto del fiume  avveniva  nel 1753-1754 , a  seguito di scavi condotti da Nicola Sorricchio, un importante rinvenimento che appare oggi difficile non attribuire a qualche struttura connessa all’antico approdo : si trattava di un ” quadrilatero di doppie mura ad opera signina, che si  internava in un montante di terreno compatto malagevole a rimuoversi per cui lo scavo fu arrestato  ” . Le dimensioni  riportate dal Sorricchio sono puntuali e circostanziate   e nel confronto  tra l’indicazione  che in quel punto     intorno al rudere cominciava a salire verso Atri >>  e  l’ubicazione di tale tracciato proprio in località Le Scerne  nell’ Atlante del Ricci-Zannoni del 1808 , appare evidente che i resti d’età imperiale   sono con ogni evidenza collocati proprio nell’area in cui appare ubicabile il porto romano ed altomedioevale della città . Il monastero di S.Maria ad Maurinum  era ubicato a poca distanza nella località  Colle Morino  di Pineto su una collina a monte dell’approdo , ove sono stati rinvenuti in passato resti archeologici riferibili ad un abitato romano  con fasi di occupazione sino all’altomedioevo, in posizione strategica a controllo della sottostante foce del fiume Vomano, del porto e della via antica litoranea.

 

L’ultimo resto dell’approdo  antico di Hatria, controllato a partire dal IX secolo da parte dei monaci cassinesi, dovette andare in progressivo abbandono fra XI e XII secolo con l’ormai inarrestabile insabbiamento di parte della foce del fiume Vomano , tanto che non  appare più menzionato accanto al monastero nel 1252 al momento della nascita della diocesi di Atri .  Di li  a poco il porto  venne ricostruito  nell’area antistante la Torre di Cerrano dove tuttora sono conservate le vecchie mura.  La foce del fiume Vomano si conferma , pertanto, sempre più ricca di sedimentazione storica  e l”ipotesi che vi possano essere custodite  le vestigia dell’antico approdo atriano la rende ancor più  interessante  confermandoci   come ,allora come oggi,  la migliore dislocazione delle infrastrutture ( porti, viabilità , ospedali )   fosse  altamente funzionale per la migliore vivibilità  di tutta la zona.

 

Omaggio a Luigi Corrado Filiani

Dal  paese ideale di Luigi Corrado Filiani  verso una  Città Sottile

 

 

 

……  un così modesto ma caro  ideale……..

 

 

 

       La storia della cittadina di Pineto  è  stata sempre avvolta  da una fascinosa e romantica  retrospettiva  idealista, resa forse ancor più incisiva dalla letteratura  locale  che si è sempre alimentata di testimonianze orali , di  interviste a  personaggi   viventi, di rari scatti   in bianco e nero che hanno fotografato il nascere  di un paese ideale.

Ma  a  quali  punti cardinali si sarà mai ispirato L.C. Filiani nel  disegnare  le coordinate di un paese ricco di  verdi pinete che hanno avvolto e protetto  un nucleo urbano concentrato sull’asse Villa-Stazione , con i servizi essenziali della locanda, della farmacia, del primo albergo, del Sali e Tabacchi, della fermata della corriera , fino  a trasferirvi  il Municipio nel 1930  ?  Del resto  tale forma di sviluppo  sul litorale    trovava analoga  espressione  nelle limitrofe  realtà di  Roseto e Silvi Marina , anch’esse ancorate storicamente al  proprio borgo medioevale di Montepagano  e Silvi Paese; anch’esse   sostenute nel proprio sviluppo urbano dalle neri fornaci   che divoravano nel tempo  la collina retrostante.

Il desiderio di rappresentare  “la città ideale ”  ha avuto diverse  e variegate forme di rappresentazione . Nella   Repubblica  di Platone  si discute sulla ricerca della migliore forma di governo della polis   conferendo a tale idealismo un profilo filosofico .  Nel periodo rinascimentale  l’uomo riacquista la propria centralità con la rigida  rappresentazione geometrica   della Città Ideale di Piero della Francesca  e di Leon Battista ALberti   ; lo stesso Leonardo da Vinci si  diletta  come urbanista a  disegnare la Milano  perfetta occupandonsi di reti di canali, decentramento , igiene e viabilità   mirando soprattutto ad evitare le epidemie.  Ancor di più la filosofia e la letteratura  trovano lo spazio  con lavori  importanti  quali  ” Utopia ” di Tommaso Moro  ,  ” La città del Sole ” di Campanella   alla ricerca di una società  perfetta nell’ immaginario dialogo tra personaggi  inventati  ed improbali testimoni di realtà utopistiche.  L’architetto Guglielmo Mozzoni   di recente ci ha  illuminato con la presentazione di un plastico che raffigura la propria città ideale, un progetto urbano  studiato nei minimi dettagli , una città sferica alta 240 metri, antisismica, alimentata dal sole e divisa in dodici piani  destinati ad accogliere abitazioni, servizi e moltissimo verde, idealmente collocata alla periferia della città  storica di Milano . La città ideale, in sintesi, è stata sempre immaginata e rappresentata tramite la letteratura, anche romanzata, la pittura , l’architettura  e , da ultimo ,  con elaborati plastici. Tutte espressioni che hanno trovato forma in laboratorio;  il paese ideale di  Luigi Corrado Filiani, invece, si materializza all’aperto   è la  matita   naturale della passione   e dell’entusiasmo che disegna  quella che in maniera edulcorata è stata descritta  ” la città verde sul mare “.

Intorno alla metà dell’ Ottocento   sulla costa abruzzese fiorisce una serie di ville signorili che anticipa il costume della aristocratica borghesia latifondista di recarsi ai bagni.  La realizzazione  del tracciato ferroviario, subito dopo l’unità di Italia ,  con il tratto Ancona-Pescara inaugurato nel 1863, faciliterà  lo sviluppo  di tali centri  sempre più orientati verso un processo di  urbanizzazione.

La  prima casa di  Pineto  è indicata  in Villa Filiani ( 1840 ) , dimora del nucleo familiare di  Giacinto Filiani , seguita da Villa Caccianini( 1844 )  .   Nella stessa Villa Filiani   troverà i natali L.C.Filiani,   in seguito  trasferitosi a Roma per studi mai portati a compimento; il soggiorno nella capitale  risulterà prodigo di contatti, di conoscenze   e di relazioni  che  lo aiuteranno sicuramente nel processo di formazione  della propria sfera personale e, in seguito,  nella tenacia  battaglia  delle concessioni  demaniali necessarie   per  poter piantare la pineta storica. ….

Alla  morte del padre Vincenzo ( 1909) , il ventenne L.C. Filiani  si trova  a dover decidere il ritorno  da li a pochi anni nel suo paese natìo , ritorno accelerato a quanto pare da una malattia che richiedeva , per la sua cura,  un soggiorno di riposo in una località balneare  . Unico maschio di otto figli in grado di gestire l’esteso  patrimonio fondiario  vista la indisponibilità del fratello Antonio.   Luigi Corrado Filiani non parla mai di  “paese ideale ” nemmeno nel suo famoso scritto che riassume  il suo nobile pensiero :

 

“Innamorato del mio mare sul quale sono nato ed ho vissuto la mia infanzia, ho sognato e sogno per la terra da essa lambita e che porta i nomi dei miei avi  (Villa Filiani) un avvenire di bellezza e di vita . Il sogno è in parte raggiunto ed amo sperare che le avversità degli uomini e delle cose non distruggano  un così modesto ma sincero e caro ideale “.

 

 

Con questo scritto Luigi Corrado Filiani manifesta innanzitutto l’amore  ed il senso di appartenenza verso la sua terra ed indirettamente  verso la  storia della propria famiglia.

 

Si percepisce come tutto ciò che  ha realizzato   ( pineta storica, parco Filiani , pinetuccia , nuova visione   del territorio )  sia destinato alle future generazioni .  “Sogno “.  “avvenire ” ,  “bellezza ” ,  “amore ” , “speranza “,   “caro ideale ” , tutte espressioni  che nella loro semplicità e nel loro  elementare significato racchiudono  il pensiero  di un uomo che nella propria mente aveva  disegnato   le forme ed  i colori di   un paese  ideale . Nessuna piantina a quanto pare è stata mai rinvenuta a meno di  omesse pubblicazioni  da parte degli eredi .  Soltanto il pensiero di realizzare un “paese ideale ” , ancora più sinteticamente  chiamato  “caro  ideale ” ; un omaggio alla propria terra ed alle generazioni che avranno la fortuna di viverla  con l’impegno ed il compito di proteggerla dalle “avversità degli uomini e delle cose ” .    L’assenza di figli   fa trasparire un lato malinconico   suggellando la parte iniziale dello scritto  nella quale emerge l’importanza della famiglia e della sua storia  con la parte finale nella quale  omaggia indistintamente le future generazioni di questo magnifico dono .

 

Tornando alla domanda circa   i fattori ed alle motivazioni che hanno guidato questo nobile  pensiero di  L.C. Filiani si potrebbe azzardare che diverse siano state  le ispirazioni . Dapprima la forte influenza del decadentismo letterario dell’epoca , interpretato in maniera eloquente da Gabriele D’Annunzio , al punto da esserne influenzato  nella scelta del nome “Pineto ”  dalla famosa poesia “La pioggia nel pineto ” ,   quando con R.D. dell’8 Marzo 1925 ,  viene decretato il cambiamento  della denominazione della frazione  << Villa Filiani >> del Comune di  Mutignano .

 

La precaria situazione economica nazionale post-bellica   insieme  alle menzionate esigenze  di gestire  l’esteso patrimonio  di famiglia , fanno rientrare  le velleità di totale inserimento nella società borghese capitolina e  lo inducono a  ricercare la propria totale realizzazione   attraverso un  ” sogno ” ed un ” pensiero ideale ” .

 

Del resto  la sfera delle sue conoscenze ambiva  a  realizzare un progetto che si discostasse da quanto  si stava realizzando nei centri limitrofi quali Silvi , Roseto e Gulianova dove erano sorti  austeri villaggi  di pescatori su  terreni ceduti  dai proprietari locali . Il piano di lottizzazione designato da Filiani  aveva un profilo più elevato , sviluppava costruzioni in stile liberty che ben si inserivano nel verde della nascente  cittadina, tra la pineta litoranea, il parco collinare  e la pinetuccia che faceva  cornice dall’alto .

 

Ecologo e personaggio  ante-litteram,  persona illuminata, ha disegnato il perimetro geografico di Pineto  che ancora resiste ispirato  da  un sogno e da un ideale , grazie anche alle  ingenti disponibilià  e risorse che lo hanno sicuramente  aiutato nel perseguire i propri obiettivi.

 

Altri facoltosi possidenti  dell’epoca  fecero  un utilizzo delle proprie risorse   alquanto lineare  orientati a perseguire obiettivi più nobiliari che nobili .    Per fortuna  tale  ideale   è stato  alimentato ed amplificato   da   illustri cittadini di PIneto con la realizzazione di altre  pinete collinari ( pineta De Crescenzo ,  pineta  ex Ira )    e con l’estensione della pineta  litoranea ( pineta Foggetta,  neorimboschimento, pineta Catucci  ) . Altri illustri amministratori  hanno dato seguito  ad una visione futuristica del paese  realizzado la  famosa  variante ,  anticipando la soluzione  di problematiche tuttora  irrisolte in  realtà limitrofe;  lo stesso canovaccio viene portato avanti nei giorni nostri con un  lavoro graduale di ricucitura  nei collegamenti tra le varie frazioni  con  la stupenda  pista ciclabile . In futuro altri personaggi importanti garantiranno  altre piste ciclabili  e  porteranno la pineta fino a Scerne  ma non soltano sul  litorale bensì  anche sulla quinta collinare  per meglio proteggere ed avvolgere    lo sviluppo residuale  sulla costa.  Il perimetro  originario  disegnato da Luigi Corrado Filiani ,  all’interno del quale si estendeva  il suo paese ideale ,  sarà allargato a tutto il  territorio pinetese    dal quale nascerà  una delle più belle espressioni di  smart city    che si possa  progettare, frutto di quanto seminato tanti anni  fa  con le caratteristiche    e le  qualità che si sono conservate in  tutti questi decenni .

L’ideale di Luigi Corrado Filiani   avrà  un raggio di azione più ampio, investirà gli angoli   urbani ed i frammenti di paesaggio  di tutte  realtà urbanistiche  del territorio  ;   la passione e l’amore per il prorio Paese contagierà tutti  i cittadini ,  imprenditori,  turisti   con una nuova ed aggiornata visione del territorio   dove l’eleganza  della città diventerà il  ns. marchio di qualità , dove  l’armonia del territorio  inteso come  accostamento  delicato tra  mare costa e collina   prevarrà sulle distonie urbanistiche, la sostenibilità e la vivibilità   del territorio , di per se già elevata, garantiranno   la permanenza della pinetesità  intesa come  consapevole rispetto   del territorio .

 

Poco importa se  essa non si chiamerà più città ideale, ma smart city, città responsabile o sostenibile , città delle reti  o ,  nel modo più appropriato città  illuminata.  In ogni caso conserverà la propria matrice  genetica di città verde sul mare  proiettata verso  la Città Sottile.

 

 

 

 

 

Ernesto Iezzi

 

 

 

2 Luglio 2012

 

Omaggio alla figura di Luigi Corrado Filiani

alla presentazione del busto  tenutasi  in

Villa Filiani . Busto realizzato dalla Associazione “Arcobaleno Città Ideale “grazie al contributo di altre associazioni d categoria ( balneatori, albergatori, commercianti ) e di alcunci imprenditori locali.

Busto di Luigi Corrado Filiani

Busto di Luigi Corrado Filiani

Il Prof. Giovanni Massacesi, autore del busto

Il Prof. Giovanni Massacesi, autore del busto